Fabio – “Una tua, seppur breve, biografia”

Fabio – “Una tua, seppur breve, biografia”

Ti hanno chiesto di scrivere una tua, seppur breve, biografia.
“Oddio”, hai pensato, “e adesso che scrivo?”
Prima ancora di trovare uno straccio di risposta, già eri a chiederti se dovessi scrivere di te in terza persona, come si fa per le biografie serie, e hai scartato immediatamente l’ipotesi.
Allora in prima persona? Più intima, più raccolta, uno spiegarsi a chi ti leggerà, se mai ti leggerà qualcuno, che allo stesso tempo è un avvicinarsi, un protendersi al lettore, quasi un invito: “Dai, siamo subito amici”.

Poi la tua cara amica Marta ti ha inviato una presentazione, definendoti un artista: “Ah davvero?”, ti sei stupito. Perché l’affermazione ti lascia parecchio dubbioso, un giorno (o più di uno) hai anche forse desiderato diventarlo, ma non ti pare ci siano le condizioni, quelle che ti rendono tale quando sono gli altri (quanti?) a ritenerlo. Sì, un giorno hai letto una roba del genere.
Un altro giorno (ma forse era di sera) ti si è aggiunta l’informazione che per essere considerato un artista, dovresti per lo meno guadagnare della tua arte. Nemmeno qui si quantificava, se basti poi poco (magari c’hai una rendita, o dei soldi da parte) o se sia necessario guadagnare quanto meno il sufficiente per mantenersi, senza altri aiuti.
Comunque nessuno ti ritiene artista (a parte Marta, hai scoperto, e anche se le sei enormemente grato, non credi basti per raggiungere il quorum), e prima ancora di poter sindacare se ci ricavi qualcosa dalla tua arte, dovresti chiarire: “Quale mai sarebbe la tua arte?”

Sei nato in un paese della Bassa Romagna, ti sei innamorato subito di un pallone, hai avuto un’infanzia serena e una mamma che ti ha viziato, hai preso forse un po’ troppo seriamente “quell’istituzione” che chiamano scuola e una cotta per la tua prima ragazza, non c’hai capito molto e comunque hai proseguito gli studi, ti sei laureato in una facoltà che preferisci non menzionare però scientifica, ti sei ritrovato prima a lavorare al Dipartimento di Psicologia come obiettore e poi di colpo seduto di fronte ad un computer: ecco, lì ti sei risvegliato e ti sei accorto di essere dentro una fossa.

Quindi ti piace raccontare che un bel giorno hai sperimentato una morte metaforica e sei rinato, iniziando ad abbracciare tutto quello che ti veniva incontro: hai danzato con Jodorowsky e i suoi Tarocchi, ti sei lasciato accompagnare da Marta a riscoprire il mondo notturno dei sogni, hai navigato nel mare dell’inconscio collettivo di Jung bagnandoti nello stupore delle sue sincronicità, ti sei gioiosamente dipinto della rivoluzione blu di Hillman, hai rivolto uno sguardo meravigliato al cielo e ai suoi astri, ti sei ritrovato nella terra senza sentieri con gli insegnamenti di Krishnaji, e ultimamente hai iniziato ad assaggiare qualche fogliolina dall’immenso albero della Sapienza dell’Uomo.

Mentre rimuginavi su tutto questo, improvvisamente ti è venuta l’idea di scrivere questa tua, seppur breve, biografia in seconda persona. Idea balzana, o no?
Intanto ti sei chiesto se poteva reggere, imbastendo le prime frasi. Sì, forse poteva reggere. Hai pensato che una biografia raccontata in seconda persona non l’hai letta molto spesso: anzi, forse mai. La cosa si faceva interessante, quindi hai iniziato a percorrere mentalmente proprio questo sentiero: intanto perché ti pareva bello, sì, proprio bello, poi volevi vedere dove portava.

Hai continuato ad esplorare, ricamando frasi convincenti e scartandone di bizzarre, e dopo una svolta hai incontrato questa: “la forma è il contenuto”. Una perla. Riluceva subito di significati che in una biografia in seconda persona si facevano metasignificati, la vedevi esplodere a raggiera in mille altri rivoli di pensieri senza alcuna possibilità di seguirne alcuno fino in fondo, ne provavi l’ingrandimento e scoprivi un frattale di percorsi che immancabilmente riproduceva se stesso. Sì, questa la devi mettere. Chi leggerà poi, se mai ti leggerà qualcuno, avrà modo di ricavarsene di suoi, di significati, pensieri, o percorsi.

Hai lasciato passare un po’ di tempo, senza occupartene più. Alcuni semi li avevi trovati, sapevi che lasciarli sotto due dita di scura terra era il modo migliore per vedere qualcos’altro prendere vita.
E così, ad un certo punto, ti sei accorto che gli arcani dei Tarocchi, in fondo, sono proprio forme che attivano contenuto, e quando, dopo una domanda posta all’ignoto, ti si dispiegano davanti, può davvero iniziare un dialogo con un altro te, con una tua alterità, uno specchiarsi e un rivelarsi che temporaneamente creano una dissociazione tra un Io più saggio e senza confini e quell’altro più piccolo e quotidiano, un po’ spaurito e con cui, fuori da una lettura, normalmente ti identifichi. La biografia in seconda persona stava prendendo corpo, e usciva dal personale per farsi un po’ più universale. Forse stai esagerando, ma ormai il dado è tratto.

E visto che sei arrivato fin qua, tanto vale che mostri che anche un sogno vissuto, spesso, si mostra adatto ad esserti raccontato da colui che il sogno lo ha registrato, differito da colui che il sogno lo ha interpretato: c’è un regista e c’è un attore, che Orfeo tiene distinti laddove la veglia li fa coincidere. O forse il contrario: che i piani di spazio e tempo, sonno e veglia, causalità e acausalità, si frappongono, si confondono, si scambiano. Ma sì, esagera: vivono, muoiono, e risorgono.

Arrivato fin qui, ti sembra abbastanza, per chi leggerà, se mai ti leggerà qualcuno. Anche se rimane una questione aperta: quella storia dell’artista, e di quale sarebbe la tua arte. Non pensi meriti di dilungarsi oltremodo, hai già scritto tanto: quindi la fai breve.

Non sono un artista. Però la vita è arte, e la posso vivere artisticamente. E così, chiunque altro, te compreso.
Ecco qua, una mia, seppur breve, biografia.

 

Fabio Cucinotta