Tag: raccolte sogni

Raccolte Sogni tematiche, un work in progress

Raccolte Sogni tematiche, un work in progress

  “Ehi, sei un sognatore? Oramai non se vedono quasi più, è un periodo duro per i sognatori. Dicono che il sogno è morto, che nessuno sogna più, ma non è morto, è stato solo dimenticato, rimosso dal nostro linguaggio. Nessuno lo insegna così nessuno 

Lavorare con un proprio sogno

Lavorare con un proprio sogno

  Suggerimenti su come scrivere il proprio sogno sul diario Creare 3 sezioni distinte: 1° sezione: Testo del sogno segnare la data (o se si riporta un sogno vecchio, indicare il periodo) dare un titolo al sogno, come lo si darebbe ad una storia scrivere il 

RACCOLTA SOGNI vol. 3

RACCOLTA SOGNI vol. 3

 

Vi presento la Raccolta sogni vol. 3, antologia onirica in cui convergono nuovi sogni.

Come sempre ringrazio tutte/i coloro che li hanno condivisi Chi desiderasse contribuire ad ampliare i contenuti di questa pagina può scrivermi all’indirizzo [email protected]

 

Respirare insieme

“Mi trovo in un edificio composto da diverse stanze comunicanti (senza porte), ho la sensazione che sia vicino al mare e in una località estera. Ci sono M. e A., i facilitatori di respirazione olotropica: siamo in molti a partecipare, siamo distribuiti in gruppi nelle varie stanze. Il posto nel sogno sembra grande. Stiamo facendo degli esercizi che comprendono sia respiro (veloce in iperventilazione) sia dei movimenti con il corpo, è come un corso “preparto” rivolto a tutti (sia donne che uomini). C’è un’atmosfera di impegno e presenza, molta concentrazione e raccoglimento, è un momento molto importante. A. ci segue nella prima stanza e vedo M. nel corridoio che collega all’altra stanza, lui segue l’altro gruppo ma può vedere anche noi. Nelle diverse stanze facciamo in sincrono gli stessi esercizi”.

Sogno di M., gennaio 2020. 

 

Nel deserto

“Sto camminando in un deserto, non sono spaventata…ho acqua e viveri a sufficienza e so che sto andando verso una foresta tropicale; mi godo i particolari, il cielo così nitido, azzurro e luminoso da abbagliare, la sabbia e la terra di un giallo dorato e il confine netto perfettamente delineato che separa il cielo dalla terra. Il silenzio è talmente profondo, vasto da risultare assordante; tutto è immobile, non soffia il vento, non odo il lieve rumore degli insetti che popolano il deserto; posso solo sentire il movimento dei miei passi, il frusciare delle vesti che si sfiorano mentre cammino, il battito del cuore e il sangue che pulsa nelle vene; questo silenzio inizialmente mi inquieta ma poi mi sento sospesa, fuori dal tempo…”.

Sogno di C., del 29 dicembre 2020.

 

L’uccellino e i semi

“Un uccellino prende dei semi dalla strada e li porta a dar da mangiare ad una persona stesa (sono io?) Uno alla volta, ne prende uno, va dalla persona, lo lascia in bocca, ritorna e così via. I semi sembrano essere una traccia (tipo pane di Hansel e Gretel) che però in questo modo si perde”.

Sogno di Flaminia, dicembre 2020.

 

Il crocevia

“Sono con mia figlia all’incrocio di quattro strade periferiche in collina. Il paesaggio è ameno, alberi, prati. Vedo mia figlia di fronte a me, è in una delle vie sotto un grande albero. Ora vedo un grande uccello spiccare il volo, viene verso di me ma poi gira a sinistra e si trasforma in mia figlia. Ha il capo inclinato a sinistra, veste un abito lungo azzurro. Mia figlia levita in aria, poi si allontana dalla vista verso l’orizzonte. Mi giro verso l’altra mia figlia che è alla mia sinistra, seduta a terra, per dirle “hai visto tua sorella?!”, ma l’altra non è più visibile, si è persa di vista”.

Sogno di S., 28 dicembre 2020.

 

Immersioni

“Sono con S., in pausa dal gruppo di studio da C.. Stiamo osservando un ragazzo che fa immersioni, si muove all’interno della stanza piena di acqua che in alcuni punti sembra diventare un vero e proprio uno scenario subacqueo. Io e S. siamo lì nella stanza ma contemporaneamente siamo fuori dalla scena, non siamo nell’acqua.
Commentiamo che il ragazzo deve fare attenzione nelle discese e nelle risalite, perché l’attività che svolge non è priva di rischi. Ora vediamo che risale lungo un cunicolo che lo porta verso l’alto (verso una superficie che non possiamo vedere), seguendo il cavo di sicurezza con cui era disceso”.

Sogno di M., 29 dicembre 2020.

 

 

Nel grembo della madre

“C’è una gran festa in maschera dove gli invitati sorseggiano champagne in flûte di cristallo e danzano sulle note di un walzer. La sala è immensa. Ricorda una di quelle che è possibile trovare nel palazzo di Versailles, coi lampadari molto grossi e il soffitto affrescato d’azzurro e di oro. Io sono all’esterno, ad un lato della sala, potrei entrare in qualsiasi momento, ma sembra che io non ne abbia affatto voglia: in una mano tengo la mia maschera, nell’altra non un flûte, bensì un’intera bottiglia di champagne. Guardo la sala e mi accorgo che gli uomini sono vestiti eleganti, esattamente come le donne, ma i primi indossano dei completi neri, senza saperne troppo di vestiti, sembrerebbero frac, tutti uguali, le seconde, invece, dei vestiti di colore rosso, ma tra loro diversi, vestiti a fascia oppure pomposi, non fa differenza. Le donne sono vestite di rosso, gli uomini di nero e tutti indossano una maschera, tutti tranne me.

Mentre bevo dalla bottiglia, mi spavento al sentire una voce vicina dirmi: “ti scoccia tutta questa ipocrisia, vero?”, dopo aver sputato quanto stessi bevendo, mi volto e alla mia destra vedo una donna con una maschera, indossa un vestito a fascia, color verde marino, e si porta la mano alla bocca, quasi a mascherare la risata causata dalla goffa reazione che il suo spavento mi aveva provocato. Le rispondo di sì e allora lei mi invita a seguirla. Dobbiamo arrivare al piano superiore, ma per farlo, anziché passare per la grande sala dove gli altri continuano a ballare e a bere, decidiamo di arrivarci tramite dei cespugli perfettamente squadrati e fitti. Vedo lei che si destreggia amabilmente su quei cespugli e con un paio di salti, aggraziati ed eleganti, la vedo già percorrere un corridoio esterno del piano superiore che prima, appoggiato com’ero a questi stessi cespugli, non riuscivo a vedere.

Tocca a me, metto la mano sul cespuglio, faccio per darmi lo slancio e salirci su, ma ci affondo dentro. Cerco di divincolarmi, ma, l’ultima cosa alla quale assisto, è la ragazza mascherata, vestita di color verde marino, entrare in una stanza con altri due uomini. Allora io mi lascio inglobare nel cespuglio senza emettere più alcun fiato”.

Note di Ciro Fusciello: era un periodo in cui decisi di essere sincero a discapito di ogni mio possibile interesse. Nel cespuglio mi sentivo all’inizio a disagio, ma poi al caldo, come al sicuro.

 

In giro come a bordo piscina

“Sono sul mare, un po’ distante dalla costa. Ora sono sull’acqua e non in acqua (come se io fossi una barca), anche se la sensazione è quella di essere appena riemersa. Vedo delle grosse pinne di cetaceo, almeno tre o quattro, all’interno di una rete attaccata ad una barca (nemmeno tanto grande, come farà a trasportarle?). La scena mi turba, penso che questa non è affatto sopravvivenza, non è necessario. Ora guardo dritto verso la costa: vedo diverse piccole barche a vela in lontananza e ancora più in là il molo. Penso che sono piuttosto lontana e che ci vorrà non poca fatica per tornare a riva. Sono sull’acqua come se ci remassi sopra ma senza avere una barca, come se la barca e la rematrice fossi io con il mio corpo. Mi chiedo se ce la farò a coprire quella distanza senza stancarmi tutto d’improvviso: le distanze in acqua non sono facili da calcolare e ciò che sembra relativamente vicino in realtà è lontano.

Inizio a procedere e mi chiedo anche se non ho paura di cosa c’è sotto l’acqua. Stranamente non mi spavento e vado dritta di fronte a me. Vedo mano a mano la distanza ridursi e mi avvicino alle barche che avevo visto in lontananza.  Ora sono arrivata al molo, sono appena passata dall’acqua alla superficie di cemento. Sono a piedi nudi, indosso un costume intero da nuoto e una cuffietta di tessuto da piscina. Ci sono delle persone lì nei paraggi. Io mi sistemo il costume e nel frattempo mi tolgo la cuffia e cammino come se fosse del tutto normale che uno al molo vada in giro in quel modo.

Mi ritrovo ora ad andare a destra e a prendere una strada porticata, come quelle più strette del centro di Bologna dalle parti di Santo Stefano. Incontro una comitiva di bambini, una scolaresca, e devo fare uno slalom andando verso destra per trovare una via di scorrimento. La scena mi fa sorridere: i bambini sono così contenti di tutto, anche solo di essere lì a camminare sotto i portici (chissà qual era la meta del loro andare)…e io sono in costume come se camminassi a bordo piscina dopo una nuotata o un allenamento.

Sono con un uomo che conosco in un ufficio vicino al porticciolo di prima. Lui sta alla mia sinistra. Davanti a noi, dietro un grande vetro, c’è una gentile e simpatica signora bionda, sui cinquant’anni, piena e sorridente, con una bella voce e altrettanta vitalità. Lui deve fare delle analisi del microbiota intestinale, ma manca un foglio o una richiesta. L’ufficio sembra di tipo amministrativo, è semplice e illuminato dalla luce che proviene dalla porta di ingresso, di vetro, alle nostre spalle. Pur mancando un foglio, chiedo alla signora se è possibile lo stesso richiedere l’esame, c’è una certa urgenza e lei trova un escamotage per renderlo possibile. Io sono grata e sollevata, mi sento capita e non vittima delle solite perversioni burocratiche.

Ora sono fuori, ci sono dei ragazzini di 13-14 anni al massimo. Mi dicono che la situazione è complicata, come solo degli adolescenti potrebbero fare: non si spiegano con precisione, alludono perlopiù. C’è di mezzo una separazione, un’impossibilità a stare insieme, per una coppia del luogo, ma senza sentimenti di astio, piuttosto con dispiacere. Sembra essere accaduto qualcosa che rende tutto questo complicato.

Ora sono seduta su una sedia: alla mia sinistra siede un uomo (l’uomo della coppia, lo stesso dell’ufficio) e alla mia destra ci sono altre sedie con altre persone sedute sopra. Alle nostre spalle la parete di pietra delle case del porto, siamo in uno spiazzo o piazzetta tra le case. Una donna (della mia età) si accinge a fare dei saluti prima della partenza. Inizia dall’uomo alla mia sinistra, il suo uomo, sono loro quelli della situazione complicata. Io tengo una mano dietro la testa dell’uomo, appoggiata sulla sua area occipitale. Lei si china per salutarlo e baciarlo: sembra che il saluto delle labbra debba posarsi sulle guance ma avvicinandosi le loro labbra si incontrano. Io non sono girata verso di loro, guardo avanti in attesa del mio turno, ma sento che stanno per baciarsi. Ecco che mi sento sia la donna che quell’uomo e avverto le nostre labbra incontrarsi”.

 

La zolla, il mare e il serpente

“Mi ritrovo all’aperto, di giorno, accucciata in basso come i bambini, con in mano una grossa zolla di terra mista argilla, di forma ovoidale. La guardo per bene, mi rendo conto che è molto secca, come se fosse rimasta senza acqua per tantissimo tempo. Questa terra compatta è color antracite, opaco. Ci metto il palmo della mano destra sopra, partendo all’estremità avanti-sinistra e arrivando fino a quella opposta. Poggiando delicatamente la mano la terra si reidrata e vivifica, come se stesse ricevendo dell’acqua. Vedo formarsi delle venature, delle tracce. Sono felice che ora la terra sia così, rinata con l’acqua.

Nel frattempo ecco che dove sono accucciata è arrivato il mare. Ho i piedi nell’acqua, che è limpida e fredda. Non è estate. La sabbia è scura come quella di un’isola vulcanica. Ecco che a riva, portato dal movimento placido delle onde e dal suo stesso nuotare, arriva un serpente d’acqua, nero e grigio, a rombi con delle note di bianco. Sarà più di un metro, non lo vedo steso ma nel classico movimento a onda. Vedo che la sua traiettoria è quella del mio piede destro, ma non lo tolgo. Il serpente arriva e si rigira, in modo che ora che torna indietro a toccare il mio piede è la sua coda, e non il muso. Lo vedo farsi poco più avanti e poi mettere la testa perpendicolare sulla sabbia: spinge e si crea un canale per nascondersi. Realizzo che quel mare è abitato da molti serpenti e che forse è opportuno non farci il bagno”.

 

Sciamani in casa

“Vivo ancora nella casa della nonna D., L. deve organizzare un incontro con esperti di “stati non ordinari di coscienza” a cui parteciperà uno sciamano; io propongo casa mia (casa di mia nonna) e così ci ritroviamo io e 3 uomini in salotto. Uno è L., uno è il suddetto sciamano e un terzo indefinito.
I tre si dispongono nello spazio a formare un triangolo, lo sciamano mi invita a prendere una sostanza. Quindi io vado in camera mia, la ingerisco come se fosse una pillola, e subito la mia visione della realtà si distorce. Mi guardo le mani e le loro dimensioni cominciano a variare, prendo in mano un pezzo di lego grande (il gioco), poi riattraverso il corridoio e passo davanti al tinello per ritornare in salotto. Nel tinello ci sono mia madre con mia sorella e fratello (da parte di padre); sono molto allarmate (soprattutto mia madre e mia sorella), non capiscono cosa stia succedendo in quella stanza, vogliono entrare per controllare che non ci sia nulla di strano. Io, cercando di risultare lucida, sono molto nervosa e infastidita, le trovo invadenti e irrispettose ma non c’è modo di contenerle. Sono imbarazzata, sono stata io ad invitarli ed ora mi ritrovo in questa situazione…
Quindi entrano in salotto, la mamma vuole chiamare dei carri armati. Si affacciano nel salotto e vedono che non c’è nulla di strano. Penso in quel momento che quell’invasione di campo rappresenti il Super-io che ho interiorizzato dei miei genitori e che ancora non ho abbattuto. Sta invadendo il mio spazio, i miei interessi e il mio mondo un po’ segreto e proibito che con cura cerco di proteggere dal loro bigottismo. Mia sorella e mia madre si ritirano e io posso finalmente ricongiungermi ai tre uomini. Di nuovo, come già precedentemente mi avevano esortato a fare, lo sciamano e l’uomo ignoto mi invitano a sdraiarmi tra loro due. Non c’è nessun contatto fisico, loro sono posizionati a circa due metri l’uno dall’altro, seduti a formare i vertici di un triangolo equilatero. Io mi trovo nella mediana di uno di questi lati. Ora mi sento protetta, serena e posso finalmente entrare nell’esperienza. Lo sciamano inizia a parlare delle diverse cose che potrebbero succedere durante l’assunzione di questa sostanza, sento male ma ad un certo punto nomina un lego. In quel momento riesco a ricordarmi dell’esperienza che ho avuto in camera e gliela comunico. Penso che finalmente, a differenza della maggior parte dei sogni che faccio, vivo un maschile protettore e positivo, un maschile alleato al quale posso affidarmi”.

Note della sognatrice: un paio di giorni prima ho fatto un altro sogno che riporta sempre il tema della “magia”. Sono con mia madre e rientriamo sempre nella stessa casa (di mia nonna, dove ho vissuto la mia adolescenza). Qui vivono con noi le sorelle di E., sono due ragazze particolari, hanno dei poteri ma questo le rende anche estremamente emotive e umorali. Ricordano un po’ degli animali, forse per il grado di istintualità con cui si comportano, in contrasto con la compostezza e formalità di mia mamma. La maggiore è nervosa, mentre la piccola è più curiosa quando ci vede rientrare. La scena si svolge nel tinello. Mia madre questa volta è un po’ inibita mentre io cerco di mediare tra le due parti: le comprendo entrambe, mi comporto come un’interprete. La sensazione che ho è che la casa sia una sorta di centro per persone “dotate”; siamo femminili forti e non c’è traccia di maschili. Nel sogno penso che ancora una volta sto rappresentando un femminile alleato e speciale.