PROBLEM SOLVING ONIRICO di T. Nathan
Da “Una nuova interpretazione dei sogni” di T. Nathan, Raffaello Cortina Editore 2011, pp. 71-75
Elementi di una concezione del sogno indispensabile alla pratica dell’interpretazione
“Il confronto tra tre grandi correnti di pensiero ci ha avviato verso una concezione generale del sogno.
- Per il momento non è possibile pronunciarsi in modo preciso sulla natura del sogno. Se ne conserverà la definizione di base, che può essere accettata tanto dall’onirocrita “tradizionale” quanto dal neurofisiologo: il sogno è la traccia del funzionamento mentale (cerebrale) durante il sonno. Corollario di questa definizione: il sogno permette il mantenimento dell’identità durante il sonno.
- Per ciò che concerne la funzione del sogno, prenderemo in considerazione una soluzione compatibile tanto con l’ipotesi neurofisiologica sviluppata da Michel Jouvet quanto, anche se in senso più lato, con i sottintesi delle “chiavi dei sogni dell’antichità”. Il sogno avrebbe come funzione principale quella di rigenerare l’identità propria della persona.
- Il sogno possiede un certo numero di caratteri primari dei quali qualsiasi interpretazione dovrà tener conto: unicità, predittività, interattività, referenzialità.
Unicità: esso è sempre l’espressione dell’irriducibile peculiarità della persona. Nessuna interpretazione del sogno è credibile se non riesce a rendere questa caratteristica.
Predittività: condivide con il sogno ad occhi aperti, con l'”illusione”, la capacità di proiettarsi nel tempo, di intessere un brogliaccio del futuro. Così, ogni interpretazione dovrà identificare la maniera con cui il sogno prosegue con tracce reali concrete durante la veglia.
Interattività: meccanismo interattivo, il sogno mette la persona in contatto con i suoi elementi costitutivi, in primo luogo con quelli della sua cultura. Non c’è quindi da meravigliarsi che nei sogni degli antichi Greci compaiano i loro dei, che il dio degli Ebrei sia il principale interlocutore onirico dei suoi fedeli e che quello dei Mussulmani faccia altrettanto con i suoi. Già Artemidoro richiamava l’attenzione sull’importanza di conoscere la lingua, la cultura e le usanze del sognatore prima di interpretarne il sogno.
Referenzialità: come la decifrazione di un messaggio in codice, l’interpretazione di un sogno ha bisogno di disporre di un corpus di riferimento. Tutti i metodi di interpretazione ne hanno uno, mitologico, religioso o scientifico.
Dato per scontato ciò che abbiamo appreso sulla sua natura, la sua funzione, le caratteristiche indispensabili al suo trattamento, i metodi di interpretazione propriamente detti presuppongono nuove ipotesi sui meccanismi del sogno. Ne scopriremo una, indispensabile, presso alcuni ricercatori moderni, i cognitivisti standard che hanno cercato di sottoporre ad un’analisi sistematica la trama del sogno.
In un articolo del 1991, “Sogno e risoluzione di problemi”, Jacques Montangero ha presentato le ricerche condotte nel suo laboratorio sulla capacità del sogno di risolvere i problemi della vita in stato di veglia. Egli evidenzia innanzitutto come la trama dei sogni sia molto più strutturata di quanto si creda normalmente e soprattutto molto più logica. Successivamente ricorda tutta una serie di lavori sulle funzioni cognitive del sogno, che riassume proponendone una nuova definizione.
Secondo Montangero il sogno sarebbe un’operazione mentale consistente nei “produrre delle false percezioni assemblando in modo nuovo elementi di memoria e conoscenza generale”. Sottolineandone le capacità di riorganizzazione cognitiva, scompone il lavoro del sogno in sequenze logiche:
–selezione di elementi significativi – il sogno sceglie tra quelli disponibili un certo numero di ricordi, conoscenze, concetti;
–meccanismi di integrazione – secondo una regola di economia, il sogno fonde tra loro questi elementi costituendo scene dinamiche e complesse;
–produzione di immagini – partendo dalle ricombinazioni che ha operato, il sogno produce delle immagini mentali precise e dei contenuti verbali.
Montangero concepisce dunque i meccanismi di formazione dei sogni come un insieme di processi cognitivi intensi e molto veloci. La formazione di un sogno potrebbe così essere schematizzata come la selezione di elementi conosciuti e il loro assemblaggio in nuove costruzioni secondo una logica specifica.
Una tale concezione del sogno conduce ad un totale cambiamento di prospettiva. Questa volta sono i meccanismi cognitivi del sogno ad essere oggetto di esame e non più le pulsioni affettive. Essa ha il merito di mettere in evidenza come, tutte le notti l’essere umano passi un’ora e mezza a rimuginare su ciò che già conosce, a scomporlo per ricombinarlo ininterrottamente fino a concepire nuovi racconti che poi ripresenta a se stesso come percezioni. Inoltre, Montangero focalizza la sua attenzione sulle capacità creative del sogno che inventa, di fatto, una neorealtà costituita da una combinazione originale di elementi riciclati.
A questo punto descrive la sua ricerca sperimentale propriamente detta. Impressionato da questa singolare creatività, cerca di indagare la capacità del sogno di risolvere i problemi che si presentano durante la veglia. Per far ciò, egli “impregna” con un problema irrisolto alcuni soggetti offertisi volontari per l’esperimento. Si tratta di quesiti di logica che essi non hanno saputo risolvere durante la veglia e che lo sperimentatore proporrà loro a più riprese prima che si addormentino. Poi egli sveglierà i soggetti all’incirca dieci minuti dopo l’inizio del sonno paradosso, nel momento in cui compaiono i movimenti oculari rapidi, chiedendo loro di raccontare cosa stanno sognando. Questa procedura verrà ripetuta ogni volta che si ripresenta una fase di sonno paradosso e cioè fino a quattro volte nella stessa notte.
Molteplici sono le conclusioni tratte da questa esperienza:
-il quesito posto prima dell’addormentamento si ritrova in maniera statisticamente significativa nei sogni della notte;
-quando il sogno, nel suo scenario, propone una soluzione, il sognatore riesce generalmente a risolvere il problema al risveglio;
-se il soggetto non ha fatto sogni che contenessero il rompicapo postogli prima di addormentarsi, la possibilità che ha di risolverlo quando si sveglia sono molto meno elevate di quando esso è stato ripreso dal sogno.
Questa ricerca, proprio come diverse altre vertenti sui meccanismi cognitivi dei sogni, mi sembra fondamentale per il nostro tentativo di costruire una teoria del sogno preliminare all’interpretazione. Essa ricorda alcune celebri osservazioni sulle invenzioni la cui scintilla ha avuto origine in sogno.
La più conosciuta è una scoperta scientifica, quella del chimico tedesco Kekulé che, avendo sognato un serpente che si mordeva la coda, si svegliò con l’idea della struttura molecolare del benzene che, come si sa, è di forma circolare. Anche l’invenzione della macchina da cucire avrebbe avuto origine in un sogno. Elias Howle, in effetti, sognò di essere prigioniero di indigeni che eseguivano davanti a lui una specie di danza. I suoi rapitori tenevano in mano ognuno una lancia la cui punta era attraversata da un foro all’estremità, un buco attraverso il quale passava una corda che legava tutte le lance tra loro. Si svegliò ed ebbe l’idea che gli consentì di concepire la macchina da cucire: bisognava praticare la cruna all’estremità appuntita dell’ago e non da quella smussata, come per i normali aghi da cucito.
Per accettare che non si tratta di coincidenze ma di manifestazioni della capacità del sogno di creare nuove proposte, Montangero formula una teoria basata sui processi cognitivi che agiscono durante i sogni. Essa conferma e arricchisce quella che abbiamo sostenuto fino a questo punto.
Terremo a mente che il sogno esprime, non si accontenta di riprodurre, crea.
Processi cognitivi specifici agiscono intensamente nella produzione del sogno. Uno di questi è la riorganizzazione di elementi in nuove combinazioni, dando luogo a quello che bisognerebbe giustamente chiamare uno scenario, successivamente riprodotto in immagini e parole. Gli effetti del sogno sono riscontrabili durante la veglia: sono addirittura misurabili e hanno dato origine a ricerche specifiche e a sperimentazioni.
Secondo Montangero esistono due modi di risolvere un problema: la soluzione alla quale si arriva seguendo un percorso prestabilito di cui si conoscono i passaggi, che deriva, dunque, dall’applicazione di un algoritmo, e quella che implica un’intuizione, una comprensione improvvisa, inattesa e incontrollata – un eureka!.
La sperimentazione descritta nel suo testo ci persuade che il sogno facilita il manifestarsi di tali intuizioni. Esso non sarebbe quindi solo una creazione, ma favorirebbe anche la creatività durante la veglia. Gli artisti ne erano convinti, dal momento che hanno spesso esplorato i loro sogni alla ricerca di nuove idee.
A. E. Van Vogt, celebre scrittore di fantascienza canadese, aveva addirittura, come racconta in un suo testo autobiografico, “messo il rubinetto al suo inconscio”. Aveva cioè deliberatamente regolato la sua sveglia perchè suonasse ogni novanta minuti per non perdere nessun particolar di ogni sogno della notte, che poi utilizzava nella creazione dei mondi straordinari descritti nei suoi romanzi. Terremo a mente infine che è possibile interrogare i proprio sogni , cosa di cui i cabalisti erano già a conoscenza, come vedremo più avanti.
Montangero impregna il soggetto con il rompicapo che non è riuscito a risolvere per far sì che questo si ripresenti nella sua attività onirica e il sogno gli risponde molto frequentemente integrando il quesito nella sua trama.
Chi vuole utilizzare i suoi sogni deve dunque imparare ad interrogarli. Deve anche accettare di raccoglierli laddove essi si esprimono, cioè nei primi istanti dopo il risveglio, prima che il mondo faccia irruzione nella mente del sognatore”.