L’Imperatrice. Percorso musicale con i Maggiori
L’Imperatrice in musica
Regalità, autorità, potere, fascino sono i primi significati che promanano dall’Imperatrice, che ci sembrano adeguatamente rappresentati da un celebre pezzo del repertorio barocco: si tratta della sinfonia che apre il terzo atto dell’oratorio Solomon del compositore tedesco Georg Friedrich Handel, intitolata L’arrivo della regina di Saba (anno di composizione 1748, prima rappresentazione al Covent Garden Theatre di Londra nell’anno successivo).
Quella della sovrana del misterioso regno di Saba (o Shebha), di cui non si conosce il nome, è una figura quasi mitica, presente nella tradizione sia biblica che coranica oltre che nei racconti d’Etiopia e Abissinia, della quale si dice fosse divenuta amante del Re Salomone e che verrà ricordata dalle parole dello stesso Cristo nel Vangelo di Luca e Matteo come donna che parteciperà al giudizio finale: saggezza, splendore, estrema ricchezza (incommensurabili i tesori che avrebbe portato in dono al Re in occasione della sua visita), ricordano l’atmosfera nobile e lussureggiante del terzo arcano. Nella sua brevità il brano è un emblematico esempio di come la musica riesca ad esprimere e a tratteggiare simili significati di carisma, potere, ordine: una chiara e regolare figurazione in semicrome degli archi apre il numero d’opera, poggiata su una ferma linea dei bassi, in frasi elegantemente e riccamente ornate; netta la divisione e la corrispondenza simmetrica tra il tutti dell’orchestra (con il delicato tintinnare del cembalo a scandire le armonie del basso continuo) e le evoluzioni della coppia di oboi solisti, con il loro timbro luminoso e dolce. Una effervescenza ritmica, incastonata tuttavia in una precisa quadratura come nella migliore tradizione barocca, percorre il brano da cima a fondo, delineando l’incedere nobile e autorevole della regina e della sua corte attraverso le sapienti e fulgide modulazioni della trama musicale. Il brano in questione, nella magistrale interpretazione dell’Academy of Ancient Music diretta e fondata dal clavicembalista Christopher Hogwood, si può ascoltare in un LP del 1981 su etichetta L’Oiseau-Lyre dal titolo “Pachelbel Canon Haendel-Vivaldi-Gluck”, assieme ad altri celebri brano del repertorio barocco.
***
Se consideriamo ancora una volta invece il lato inferiore dell’archetipo, il suo rovesciamento, ci mettiamo in condizione di scoprire nuove affinità, corrispondenze, significati: come sarebbe un Imperatrice sterile, gelida, annunciatrice di un vuoto, di un buco nero che attira a sé senza tuttavia nulla lasciar uscire? Tra la fine degli anni ’60 e per tutto il decennio seguente la storia della musica ha conosciuto la complessa figura di Christa Päffgen (1938-1988), in arte Nico, cantante, cantautrice, modella, attrice, musa ispiratrice e chanteuse dallo scuro registro contraltile del complesso di Reed e Cale, The Velvet Underground. Dopo l’esperienza newyorchese nella Factory di Andy Warhol e compagni, ha intrapreso una produzione solista che conta 6 LP pubblicati tra il 1967 e il 1985: molti ritengono l’album Desertshore (LP US, Reprise Records 1970) il picco della sua carriera artistica.
Chi è Nico, quali sono le caratteristiche della sua figura? Non è facile tracciare un identikit della femme fatale teutonica: donna e artista misteriosa, sfuggente, umbratile, gelida, avvolta in profonde angosce e in preda a dipendenze, scomparsa a causa di un banale incidente sull’isola di Ibiza, sembra osservarci con uno sguardo da sfinge dal suo trono di imperatrice e creatrice di canzoni ieratiche e monolitiche, capace comunque di maneggiare un potere creativo che lascia stupefatti. L’intero disco si colloca in uno spazio desertico, arido, isolato, dove non cresce la vita e si respira un’atmosfera statica e sacrale, espressa dalla scelta preminente, e certo inusuale per un disco di musica rock, dei timbri dell’harmonium – solenne e sinistro – e della viola, cupa e barocca. Pazzia, solitudine, incomunicabilità e tragedia sono i risultati della forza enorme di un potere fuori controllo, che invece di aprirsi alla fecondazione si ripiega e si riavvolge su se stesso: da questo angusto orizzonte non mancano tuttavia di proiettarsi, in istanti, divini bagliori di luce. All That Is My Own è la traccia conclusiva dell’opera, quasi un tentativo disperato di rialzarsi dall’abisso, annunciata da squilli di trombe e sorretta dall’antica sonorità del cembalo e da un incalzante ritmo marziale. Altissima la declamazione e il canto, nobile come una regina che proclami le sue ultime volontà, in cui Nico sembra scindersi e sdoppiarsi in due personalità distinte, quella delle strofe cantate e quella che recita parlando il suo invito profetico:
He who knows may pass on
the word unknown
and meet me on the desertshore
Colui che ha la conoscenza può passare oltre
la parola ignota
ed incontrarmi ai bordi del deserto
Ascolti:
Georg Friedrich Handel – Sinfonia, arrival of the queen of Sheba (Solomon) da “The Academy of Ancient Music Christopher Hogwood – Pachelbel canon, Handel, Vivaldi, Gluck” (LP L’Oiseau-Lyre UK & Ireland, 1981)
Nico – All That Is My Own da Desertshore (LP US Reprise Records, 1970)
Bibliografia:
Christopher Hogwood – Georg Friedrich Handel (Edizioni Studio Tesi, 1991)
Gabriele Lunati – Nico, bussando alle porte del buio (Stampa alternativa, 2006)
Massimo Palma – Nico e le maree (Castelvecchi, 2019)
Aldo Pavesi
Per contattare l’autore:
Telegram username: Rover_g
Digitare lo username nella barra di ricerca generale dell’applicazione (icona con la lente di ingrandimento).