L’Imperatore. Percorso musicale con i Maggiori
L’Imperatore in musica
Nella vasta produzione per pianoforte di Ludwig van Beethoven (32 sonate, 5 concerti, numerose raccolte di variazioni e altro ancora) troviamo un’opera alla quale la tradizione ha posto il titolo di Imperatore.
Si tratta, per la precisione, del Concerto n.5 per pianoforte e orchestra op.73 in Mi bemolle maggiore, composto nel 1809 ed eseguito per la prima volta a Lipsia nel 1811: sebbene tale denominazione non sia stata voluta dallo stesso compositore – pare che fu ideata dal pianista, compositore ed editore Johann Baptist Cramer – bene si adatta al carattere maestoso, di regale potenza e nobiltà, di grandiosa spazialità che la musica del concerto evoca, in particolare nel primo movimento, Allegro, di cui proponiamo l’ascolto.
L’arcano dell’Imperatore, con i suoi attributi regali che consistono nello scettro, nel trono e nel simbolo dell’aquila, è un chiaro emblema del potere temporale regnante sulla terra e corrispondente ad un ordine superiore; l’anzianità della figura, un uomo di aspetto maturo e spesso dalla folta barba, ispira autorevolezza e rispetto, come le grandi opere d’arte capaci di vivere oltre l’oblio del tempo e collocarsi in una dimensione appunto classica, incorruttibile, a modello di quanto sarà a venire dopo di esse.
Nella storia della musica occidentale Beethoven incarna oggi l’archetipo del compositore-creatore sublime connesso ad una dimensione trascendente, maestro e riferimento di generazioni di artisti successivi, artista e uomo al quale si guarda con deferenza e profonda ammirazione, che in forza del suo genio ha trasformato le sofferenze personali (è nota la malattia che lo condusse alla sordità in gioventù) in opere consegnate all’umanità tutta, individuo in lotta contro il destino e creatore di un mondo musicale lasciato ai posteri. Per queste ragioni è a nostro avviso accostabile, pur nella sua dolente umanità, alla figura del quarto arcano.
Un breve sguardo preliminare sul genere del concerto nell’ambito della musica del periodo classico: con la parola concerto si indica, a partire dal tardo barocco, una composizione strumentale destinata ad uno (ma talvolta anche più) strumento solista con accompagnamento dell’orchestra; i primi esempi compaiono nel repertorio di Handel e Bach per poi proseguire per tutto il periodo classico (Haydn e Mozart per citare i più noti, considerando che quest’ultimo ha lasciato ben 27 concerti per pianoforte), romantico e ancora, in forme differenti, nel secolo scorso. La composizione è tipicamente articolata in 3 movimenti (parti, sezioni della composizione da concepirsi tuttavia in forma unitaria, vengono eseguiti solitamente in sequenza), un allegro iniziale, in tempo rapido, uno centrale in tempo lento, e un finale di nuovo mosso. Le questioni che pone tale forma al compositore sono dunque principalmente la gestione del rapporto tra il solista e l’orchestra e la definizione del ruolo delle due parti: è possibile optare per una prevalenza dello strumento solista, capace di dare sfoggio di tutte le sue possibilità virtuosistiche, o per una dialettica tra esso e l’orchestra.
Il caso del Concerto op.73 si segnala innanzitutto per la vastità delle sue proporzioni, in particolare dell’allegro iniziale – più esteso della somma dei due seguenti – e per la sua poderosa struttura tematica che sceglie per un serrato e continuo dialogo tra il pianoforte e l’orchestra, i quali si rimandano tra loro il materiale tematico di volta in volta variato e arricchito ma sempre nel segno di una rigorosa coerenza e unitarietà: come l’Imperatore governa armonizzando e conciliando le parti in conflitto così il compositore crea, ordina e pianifica uno spazio musicale dove ogni strumento – e ogni sezione della composizione – assume il suo ruolo in accordo con gli altri e in riferimento al tutto, in modo funzionale all’idea che si vuole esprimere. Aperta da una estesa, complessa e solenne introduzione del pianoforte solista, che mette in scena un’atmosfera di luminosità e magistrale regalità attraverso il fluire dei passaggi brillanti e delle evoluzioni da un capo all’altro della tastiera, la musica si sviluppa a partire da un nucleo tematico comune, ripreso ora dagli archi ora dall’inconfondibile sonorità epica dai corni, in un tema che ricorda vagamente un certo stile militare dell’epoca (è il tormentato periodo delle guerre napoleoniche) ma tuttavia ad un livello di alta stilizzazione interiore, in linea con il cosiddetto periodo eroico del compositore.
Nella sua maestosità lirico-poetica il Kaiserkonzert sembra rappresentare e riecheggiare non solo il lato sublime di un animo virile ma anche le sventure degli avvenimenti che colpirono la città di Vienna al tempo e, in generale, la tensione e lo slancio dell’uomo ad elevarsi alla dignità e alle virtù tipiche del sovrano, dominio da esercitarsi prima di tutto nei confronti di se stessi.
L’incisione proposta è quella del pianista Wilhelm Kempff (1895-1991) considerato all’unanimità uno dei maggiori interpreti di Beethoven di sempre assieme ai Berliner Philharmoniker diretti da Ferdinand Leitner.
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Compiendo un balzo in tempi più recenti e in un differente contesto, riteniamo, con una certa ironia, che l’heavy metal sia il genere musicale più consono ad esprimere i concetti di autorità, imponenza e magniloquenza, con le sue sonorità pesanti e marcate e i suoi toni grandiosi. Gli Anthrax, cinque scalmanati ragazzi di New York alfieri dello speed metal, pubblicano nel 1987 il loro terzo album per la storica etichetta Megaforce (non a caso…) dal quale viene estratto il baldanzoso singolo I am the law (Io sono la legge).
Per la precisione il brano si ispira al personaggio dei fumetti Judge Dredd, un ufficiale di polizia/giustiziere con speciali poteri ma la forza granitica dei suoi riff risulta essere anche la perfetta colonna sonora per il trono di un moderno regnante urbano, per una personalità spregiudicata che senza fronzoli si assume l’onere di incarnare la legge, sul filo di quella ironia che da sempre contraddistingue la band. Dal punto di vista musicale il pezzo rappresenta la quintessenza del trash metal americano: riff distorti e geometrici al vetriolo, batteria pestata con violenza, evoluzioni chitarristiche fulminee e pirotecniche e voce esaltata.
Un imperatore impazzito che, sceso dal suo trono, si riversa nelle strade pronto a farsi giustizia da solo senza mezzi termini, sintomo del caos che serpeggia quando ogni ordine tradizionale è cancellato e al tempo stesso desiderio di rivalsa del singolo di prevalere con ogni mezzo contro il dilagare di una metropoli in preda al caos…
…because
I am the law
and you won’t fuck around no more
Ascolti:
Wilhelm Kempff & Berliner Philharmoniker Ferdinand Leitner – Klavierkonzert
nr.5 Es-dur op.73, I.Allegro (L. v. Beethoven, LP Deutsche Grammophone,
Germany 1962 e numerose successive ristampe)
Anthrax – I am the law da Among The Living (LP Island Records/Megaforce
Worldwide US 1987)
Bibliografia:
Carl Dahlhaus – Beethoven e il suo tempo (EDT, 1990)
Giovanni Guanti – Invito all’ascolto di Beethoven (Mursia, 1995)
Maynard Solomon – Beethoven. La vita, l’opera, il romanzo familiare (Marsilio,
2002)
Web:
https://www.flaminioonline.it/Guide/Beethoven/Beethoven-Pianoforte5.html
https://en.wikipedia.org/wiki/Anthrax_(American_band)
Aldo Pavesi
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