Il Papa. Percorso musicale con i Maggiori
Il Papa in musica
Non vi è, in tutta probabilità, compositore la cui opera sia maggiormente adeguata al fine di evocare le atmosfere e i significati del V arcano di Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594), denominato Princeps musicae, formatosi e vissuto a Roma, nel cuore della cristianità, durante l’epoca della Controriforma della Chiesa Cattolica. Il catalogo del maestro del contrappunto della scuola romana (cerchia di compositori attiva appunto a Roma dal periodo del Rinascimento fino al Barocco: assieme a lui si ricordano anche altri nomi quali Giovanni Animuccia, Gregorio Allegri e Giacomo Carissimi) comprende in larga parte opere di musica sacra vocale, composte in un magistrale stile polifonico – ovvero con presenza di più voci e dunque linee melodiche tra loro indipendenti – e a cappella, ossia senza alcun uso di strumenti: 105 messe e oltre 300 mottetti.
Nel corso della storia della musica Palestrina si è imposto come modello di riferimento artistico per i suoi successori, in virtù della chiarezza, dell’equilibrio, dell’efficacia e della perfezione del suo stile, in cui ogni elemento è definito con cura e armonicamente inserito nell’economia totale della composizione, in cui ogni frase e ogni nota musicale è come il dettaglio della sublime architettura di un maestoso edificio, dove ciascuna parte sorregge e compone l’altra nel generale e necessario bilanciamento. Chiarezza e purezza che non solo, in senso astratto, rispecchiano la profondità dello scopo per il quale la musica fu concepita, la celebrazione della liturgia, ma che rispondono anche ai criteri di intelligibilità del testo sacro e di essenzialità formale ribaditi dal Concilio di
Trento, volti a ripulire gli eccessi di epoche precedenti e a comunicare con trasparenza e genuina autenticità il messaggio spirituale della Parola di Dio. In questo quadro appaiono evidenti i riferimenti alla figura del Papa come rappresentata anche dal Tarot, nel quale il sovrano della chiesa, assiso sul trono, si adopera per governare la comunità e per custodire e trasmettere il corretto insegnamento della tradizione ai discepoli che compaiono ai suoi piedi.
Una musica, quella del compositore romano, che per essere apprezzata in tutta la sua portata, data anche la considerevole distanza storica con la nostra epoca, può richiedere sia un certo sforzo iniziale e un atteggiamento di apertura all’ascolto – specialmente per noi contemporanei ormai non più abituati a una tale nudità e raffinatezza sonora, priva di effetti speciali – sia un’attenzione al senso veicolato dal testo sacro: si tratta infatti di una musica concepita per essere eseguita, almeno in origine, appositamente nell’ambito della funzione liturgica, secondo lo schema consolidato della messa cattolica che si articola essenzialmente in 5 sezioni: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei. Sforzo che tuttavia è infine ripagato da un’esperienza di ascolto che può rivelarsi insolita e inaspettatamente travolgente, nella quale la strettissima unione tra parola e canto struttura un intreccio sonoro di grande densità spirituale, da immaginarsi risuonare in quelle maestose e solenni basiliche papali dove Palestrina compiva la sua attività di compositore e maestro (ricoprì infatti i principali incarichi di direttore musicale presso le basiliche di San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Pietro, solo per nominare le principali sedi in cui svolse la sua opera).
Proponiamo l’ascolto delle due parti iniziali di una delle messe più frequentemente eseguite del catalogo palestriniano: il Kyrie e il Gloria della cosiddetta Missa Brevis. Queste due sezioni fanno riferimento ai momenti della messa nei quali il celebrante e il popolo si rivolgono a Dio chiedendo la sua misericordia (Kyrie eleison, dal greco Signore, pietà) e al fine di celebrare la sua maestà (Gloria in excelsis Deo et in terra pax homínibus bonæ voluntátis ovvero Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà). Ci limitiamo ad evidenziare alcuni elementi peculiari della musica di Palestrina, lasciando alla sensibilità dell’ascoltatore di addentrarsi nel puro spazio sonoro creato dall’armonia delle linee melodiche: la scelta di utilizzare solo le voci umane senza il supporto di alcuno strumento, tipico dell’antica tradizione musicale della Chiesa di Roma, che ammette eventualmente come strumento soltanto l’organo a canne, favorisce molto l’evocazione di un’atmosfera di spiritualità e raccoglimento, proprio in quanto attraverso la duttilità e la delicatezza del coro risalta il silenzio da cui emerge il canto, segno del farsi vuoto e dell’intimità che consentono all’animo del fedele di elevarsi in preghiera. Le voci sono divise nelle consuete 4 sezioni, in base al registro e all’estensione: soprani, contralti tenori e bassi; se si ascolta attentamente si può cogliere ciascuna voce esporre il tema principale, in base al testo, subito ripreso in modo simmetrico, in risposta, dalle altre. La regolarità delle proporzioni delle frasi musicali permette un intreccio delle parti armonico ma che mantiene una grande, lapidaria, chiarezza. Su tutta la composizione aleggia un clima intensamente spirituale. E’ l’umanità che officiando il rito religioso, legame ordinatore e di comunicazione tra terra e cielo, è colta nella sua capacità sublime di farsi ponte (non a caso il Papa è denominato anche pontefice) tra materia e spirito, tra creatura e creatore, tra anima e Sé, con l’atteggiamento di devozione, coscienza del reale e amore fraterno che costituisce il senso autentico di ogni via spirituale o esoterica.
L’esecuzione proposta è affidata all’eccellente ensemble vocale britannica dei Tallis Scholars, specializzato nel repertorio di musica sacra e unanimemente riconosciuto e acclamato come una delle migliori formazioni del settore: fondato nel 1973 dal direttore Peter Phillips e ancora oggi attivo, compie ogni anno una media di circa 70 concerti in diverse parti del mondo, e nel 1994, in occasione del 400esimo anniversario della scomparsa di Palestrina, fu invitato ad esibirsi nella Basilica di Santa Maria Maggiore, luogo in cui appunto il compositore aveva operato in vita. Il disco che contiene la Missa Brevis è stato pubblicato nel 1986 dall’etichetta Gimell.
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A 500 anni di distanza dalle voci delle liturgie di Palestrina e precisamente negli anni ’70 del secolo scorso, in un periodo di grande fermento creativo, troviamo un collettivo – attivo dal 1969 al 2001 – che traeva il suo nome da un testo sacro dell’antico popolo Maya e che, come pochi altri, riusciva a comporre una musica pregna di spiritualità cosmica: i Popol Vuh, fondati da Florian Fricke a Monaco di Baviera. Se dapprima i loro album erano caratterizzati dall’uso dei sintetizzatori e dei suoni elettronici che iniziavano allora a diffondersi, sull’onda ancora della stagione della musica psichedelica e all’insegna di quello stile kosmische musik tra elettronica rock e avanguardia, denominato poi dalla critica inglese krautrock, il loro terzo disco del 1972, dal titolo Hosianna Mantra, opta per l’utilizzo di una originale combinazione di strumenti acustici sia occidentali che orientali (pianoforte, chitarra 12 corde, oboe, tamboura) e vira verso un formato cameristico di ridotta e più intima e delicata sonorità, dove il tema di fondo è l’unione delle diverse visioni spirituali, europea e orientale.
In questo senso, nonostante i suoi soli 3 minuti, Abschied (Addio) risulta essere una miniatura quasi miracolosa per l’intensità e la commozione del raccoglimento spirituale che esprime: una sorta di preghiera universale, con il timbro esile dell’oboe che si staglia sopra le armonie e gli arpeggi dei due strumenti a corde (l’uno, la chitarra, tipico dell’Occidente, l’altro della civiltà orientale) in una atmosfera rarefatta ed elevata, dove il senso dell’esperienza spirituale di ogni umano trova voce, in un tentativo di catarsi e ascesi e nell’essenza e nell’incontro delle diverse celebrazioni e figure religiose: l’anelito dell’uomo verso l’infinito, il tentativo e lo slancio dello spirito di elevarsi dalla finitudine della carne e del tempo.
Dopo aver prodotto avvalendosi della collaborazione di un membro del suo gruppo, Frank Fiedler, anche alcuni documentari su temi di spiritualità girati in Sinai, Libano, Mesopotamia, Tibet e Nepal, Fricke muore nel 2001 all’età di 57 anni.
Ascolti:
The Tallis Scholars directed by Peter Phillips – Palestrina Masses (Kyrie e Gloria
dalla Missa Brevis) LP, Cass e CD Gimell UK 1986
Popol Vuh – Abschied da Hosianna Mantra, LP Pilz Germany 1972 (e numerose
successive ristampe)
Bibliografia:
Lino Bianchi – Palestrina, nella vita, nelle opere, nel suo tempo (Palestrina,
Fondazione Giovanni Pierluigi da Palestrina 1995)
Marco della Sciucca – Giovanni Pierluigi da Palestrina (L’epos, 2009)
Julian Cope – Krautrocksampler: one Head’s Guide to the Great Kosmische Musik –
1968 Onwards (Head Heritage, 1995)
Web:
https://www.scaruffi.com/vol3/popolvuh.html
Aldo Pavesi
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