Il Bagatto. Percorso musicale con i Maggiori

Il Bagatto in musica

L’arcano che effettivamente, con i sui velati riferimenti al carattere iniziatico del Magnum Opus, apre la serie della via dei Tarocchi è il Bagatto o Mago, portatore di significati che rimandano alle abilità di progettare e realizzare, alle potenzialità molteplici, all’uso combinato e sapiente degli elementi, alla volontà ferma e determinata dell’individuo, all’aprire nuove vie di espressione sostenuti dalla connessione con una forza trascendente: qualità e caratteristiche queste, associabili alla figura del musicista e compositore virtuoso del periodo romantico, epoca che vide emergere sulla scena culturale e sociale una nuova condizione dell’artista, indipendente, libero da vincoli di necessità con committenti, intento ad esprimere nell’arte il proprio originale, personale e innovativo estro creativo. Iniziando dalle ultime opere di Beethoven a Paganini, da Chopin a Mendelssohn sino ai trionfi di Liszt, fiorirono dunque miti, successi e leggende intorno all’interprete, improvvisatore e creatore virtuoso, capace di incantare le folle e trascinarle con la forza della musica, forza che sembra rivelare, particolarmente in questo momento storico, abilità straordinarie e che avvolge la figura dell’artista in un alone di mistero, occulto e magia.

Tralasciando in questa sede compositori maggiormente noti al grande pubblico che furono e ancora oggi sono sotto i riflettori – è il caso ad esempio di Liszt e Paganini, intorno ai quali si levarono voci di patti con il demonio in cambio dell’eccezionale bravura – l’associazione musicale che proponiamo con le abilità incantatrici, illusioniste, vagamente sinistre e da vero prestigiatore del Bagatto è con una figura decisamente meno nota e più rimasta nell’ombra, sebbene negli ultimi decenni si stia assistendo ad una sua riscoperta, ma non meno interessante: il pianista e compositore francese Charles-Valentine Alkan (1813 – 1888), che sta oggi riconquistando il giusto spazio nel panorama dei grandi virtuosi del XIX secolo.

Alkan, contemporaneo del ben più noto collega Chopin nella Parigi dell’800, fu anch’egli uno straordinario pianista e compositore il quale si dedicò in maniera pressoché totale al repertorio pianistico, ma diversamente da molti altri artisti dell’epoca decise, nonostante la sicura prospettiva di una eccellente carriera, di ritirarsi per gran parte della sua esistenza – per ragioni rimaste ignote – dalle scene e dalla vita sociale dedicandosi alla composizione e ad altre interessanti attività extra-musicali derivate dalla sue origini ebraiche, come lo studio del Talmud e la traduzione della Bibbia in francese. In questo contesto di solitudine, isolamento, spiritualità e anticonformismo la sua musica, caratterizzata da una immensa perizia tecnica, sembra davvero adatta a rappresentare con le sue mirabolanti acrobazie sonore le doti del Bagatto all’opera.

Emblematico è allora il caso dello Scherzo focoso in Si minore op.34 (Allegro vivace, anno di composizione 1848), un breve ma intenso compendio del suo sfavillante ed esuberante stile pianistico; con lo scherzo siamo di fronte ad una forma compositiva tipica del romanticismo musicale, solitamente in struttura tripartita e a carattere mosso e drammatico, utilizzata anche da Chopin, il quale, circa un decennio prima, compose anch’egli una serie di 4 scherzi per pianoforte solo. Alkan, con alcune marginali modifiche, la adotta per forgiare un brano di grande potenza e ricchezza sonora, che esplora a fondo le diverse possibilità timbriche e ritmiche dello strumento con enorme sfoggio di bravura e destrezza tecnica: scale rapide e fulminee, guizzi improvvisi, arpeggi che coprono la quasi totalità dell’estensione della tastiera, soventi incroci di mani, sezioni brillantissime frammezzate da episodi cantabili e da elaborate modulazioni armoniche formano un magico spettacolo sonoro che sbalordisce l’ascoltatore. Ad una prima sezione caratterizzata dai rapidi guizzi in modo minore e dall’uso spregiudicato delle ottave ne segue una centrale marcata più che fortissimo e larghissimamente, a sottolineare la sonorità roboante della composizione che, attraverso un accurato sviluppo, conduce ad una melodia cantabile – dolce ed espressivo – e al ritorno delle sezioni di apertura; chiude il brano una grandiosa e piuttosto estesa coda in cui davvero si giunge al culmine della spettacolare messa in scena del virtuoso, con un ritmo quasi marziale, note a velocità folle e un grande crescendo che nel turbine di cromatismi e massici accordi alternati tra le gravi sonorità del basso e le due mani conduce ad un finale scintillante ed esplosivo, dove sembrerebbe di essere caduti nell’illusione di ascoltare almeno due pianisti, e non solo uno, all’opera…

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Avviso al lettore: l’indagine sugli arcani ci conduce ad un percorso di esplorazione e ricognizione della nostra psiche che nelle sue molteplici sfaccettature, sia positive e luminose, sia negative e oscure, ci pone di fronte a figure, concetti e suggestioni (in questo caso fortemente amplificati dalla musica) che possono contribuire all’insorgere di sensazioni di turbamento, angoscia o sofferenza in genere, come può essere il caso di alcuni aspetti trattati nella seconda parte del presente articolo, volto alla trattazione del polo inferiore dell’archetipo: è premura dell’autore e della curatrice del blog di invitare all’azione cosciente, consapevole di eventuali problematiche o traumi, e di procedere all’analisi e alla discesa nelle parti più profonde di sé con il supporto di gruppi di aiuto, terapeuti professionisti o figure comunque di collaudata esperienza. La descrizione del brano ha un intento estetico e culturale e non intende incitare a pratiche magico-religiose.

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Nel suo aspetto più legato alle diverse tradizioni esoteriche il Bagatto assume invece le sembianze del mago-alchimista intento ad officiare i propri rituali, con il piano di lavoro che diviene un altare dei quattro elementi, sul capo il simbolo che rimanda all’infinità del divino, nella destra la bacchetta levata in alto e infine l’indice sinistro che indica la terra, dove rigogliosa cresce l’opera della sua azione magica (…“quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius: ad perpetranda miracula rei unius”). Quale musica sarebbe appropriata per la celebrazione di un simile solenne rituale magico nella attuale civiltà post-industriale? La risposta potrebbe giungere da una formazione attiva da oltre 3 decenni sulla scena industrial/ambient/neo-folk italiana ed internazionale e nel tempo pervenuta a faro del settore dell’underground musicale darkwave: i romani Ain Soph, la cui formazione annovera oggi Marcello Fraioli (voce, testi) e Toni Pettini (arrangiamenti, strumentazione) i quali nel 1984 raccoglievano in una musicassetta autoprodotta – oggi introvabile, ristampata nel 1993 in LP e nel 2000 in CD – 4 oscure e inquietanti tracce, senza alcun titolo, la cui composizione era esplicitamente ispirata dalla lettura di testi di magia cerimoniale della Golden Dawn e dell’esoterista Aleister Crowley.

Il grande fascino dell’album in questione si deve anche ad un approccio quasi completamente naif e, per questo, nonostante alcuni limiti tecnici, totalmente diretto e immediato nel suo tradurre e proiettare in nugoli di gelidi suoni elettronici le operazioni magico-rituali. Si prenda la terza parte della raccolta, Untitled III: un motivo sinistro di 4 note dell’organo digitale emerge dal nulla, ossessivamente ripetuto nel silenzio, al quale rispondono prontamente una strisciante frase ascendente e una voce che biascica suoni indefinibili dall’oltretomba, la perfetta colonna sonora per l’apparizione di demoni e ectoplasmi, che, trascorsi alcuni minuti sospesi in un incanto tra la nostra realtà e un oltre extrasensoriale, scompaiono poi enigmaticamente allo stesso modo in cui sono comparsi, o meglio, evocati.

Presenze evocate dal lato ombra della civiltà industriale la quale, nonostante il suo abbagliante mito del progresso, non ha certo messo completamente a tacere il desiderio dell’uomo di una connessione con la dimensione trascendente e spirituale ma anzi, costringendola spesso ad una reclusione forzata nei sotterranei della coscienza, ne causa il riemergere in forme angoscianti e distorte.

 

Ascolti:

Yui Morishita – Scherzo focoso op.34 da “Alkan Piano collection 1” (CD ALM Records, 2015)

 

Ain Soph – Untitled III da “I” (Cass Autoproduzione, 1984 – ristampa LP Misty Circles/Purity Records 1993 e CD Old Europa Cafe/Misty Circles, 2000)

 

Bibliografia:

Charles Rosen – La generazione romantica, Adelphi, Milano 2005

Ronald Smith – Alkan: the man, the music, Kahn & Averill Publishers, London 2000

Aldo Chimenti, Devis Granziera, Paolo Bandera e Alessandro Papa – Rumori sacri – Le vie esoteriche e mortifere di quattro protagonisti della musica postindustriale italiana, End of Kali Yuga Editions, 2011

Web:

https://www.ondarock.it/italia/ainsoph.htm

 

Aldo Pavesi

 

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