Stasera pensavo a Ergo Proxy. Che cosa è?
Ergo Proxy è un interessante anime seinen di genere fantascientifico/psicologico ambientato in un futuro in cui la razza umana è stata quasi sterminata a causa di un’infezione e dell’inaridimento del pianeta (ricorda qualcosa?). I pochi sopravvissuti si sono rintanati in una sorta di città sormontate da enormi cupole in cui si compie un severo controllo delle nascite per garantire la sussistenza della specie. È un sistema (quasi) perfetto, in cui l’uomo è aiutato dagli AutoReiv, i robot suoi servitori. Tutto cambia quando proprio questi robotini iniziano ad essere infettati dal virus Cogito e dunque ad avere volontà propria. L’ispettrice del Citizen Intelligence Bureau, Re-I Mayer viene incaricata di indagare sui brutali omicidi commessi dagli AutoReiv infetti e da qui inizia un percorso all’interno della complessità del reale che la porta ad una speculazione sul tema dell’esistenza. La serie è costellata di riferimenti culturali e filosofici costanti ed è assolutamente un anime che vi consiglierei ad occhi chiusi. Al centro di tutto c’è il senso della vita, il destino, il controllo di sé, la libertà, l’autodeterminazione e l’autocoscienza. Che aspettate a aprire un nuovo tab e cercarlo in streaming legale su VVVVID? Giuro che non farò spoiler (e credetemi che questo mi impedisce sostanzialmente di dire tutto quello che c’è da dire su questo gioiellino).
Il primo episodio, Il battito del risveglio si apre con questa citazione:
Caro m’è ‘l sonno, e più l’esser di sasso
mentre che ‘l danno, e la vergogna dura:
Non veder, non sentir, m’è gran ventura.
Però non mi destar, deh! parla basso.
(Michelangelo, Rime, 247)
Cosa c’entra Michelangelo? Molto, ma lo capirete vedendo la serie. Nulla è affidato al caso.
La stanza di Donov Mayer, sindaco della città Romdo, è ispirata alla cappella dei Medici di Michelangelo: le quattro statue che vi si trovano all’interno sono la trasposizione di quelle che sono ai lati della cappella: Lacan è rappresentato dalla statua “La Notte”, Husserl da “Il Giorno”, Derrida da “L’alba” e Berkeley da “Il Crepuscolo”. Questa carrellata di nomi serviva per convincere gli scettici snob che non vedono i cartoni a correre a vedere questo anime. Torniamo alle rime.
A cosa si riferisce Michelangelo con queste parole? Tra il 1526 e il 1531, l’artista crea la statua in marmo La Notte come parte della decorazione della Sagrestia Nuova in San Lorenzo da Firenze. È una delle quattro allegorie delle Parti della Giornata e si trova a sinistra sul sarcofago della tomba di Giuliano de’ Medici. La notte è rappresentata come personificazione femminile accasciata dormiente sulla tomba. Si tratta di un’opera scultorea talmente vivida, da sembrare reale, tant’è che Giovanni di Carlo Strozzi ne rimane talmente tanto affascinato che sente il bisogno di omaggiarla con alcuni versi:
“la Notte che tu vedi in sì dolci atti/ dormir, fu da un Angelo scolpita/ in questo sasso e, perché dorme, ha vita:/ destala, e se nol credi, e parleratti” (la notte che vedi così dolcemente dormire fu scolpita da un angelo in questo sasso e perché dorme ha vita: svegliala e se non ci credi ti parlerà). È talmente bella e sensuale da non poter essere solo un pezzo di marmo, seppure di quello liscio e perfetto tipicamente di Carrara. E’ proprio a queste parole che Michelangelo risponde con le Rime n 247.
Del resto, Buonarroti non è nuovo a queste tematiche. Sebbene non arrivi ai livelli della sua arte plastica, non si può relegare la sua scrittura nel solco del manierismo (ante litteram) petrarchista rinascimentale cinquecentesco: la sua poesia è infatti caratterizzata da grande forza e originalità, è lo specchio di una personalità geniale, sregolata e tormentata. Se, infatti, i suoi primi versi nascono sotto l’influenza delle letture dantesche e dei poeti quattrocenteschi, primi fra tutti Lorenzo il Magnifico e Pulci, è solo con la maturità che Michelangelo si dedica profondamente al poetare, che considera sempre un fatto privato e condivisibile solo con una ristretta cerchia di intimi. Nella sua produzione si susseguono brevi componimenti, sonetti o madrigali, pervasi di inquietudine religiosa verso il peccato e di riflessioni sui fondamenti epistemologici teorici e morali del fare arte.
La riflessione sul sonno e sulla notte ritorna spesso anche in altre liriche ed è centrale anche in un’altra Rima, la numero 102, O notte, o dolce tempo, benché nero:
O notte, o dolce tempo, benché nero,
con pace ogn’opra sempr’al fin assalta;
ben vede e ben intende chi t’esalta
e chi t’onor ha l’intelletto intero.
Tu mozzi e tronchi ogni stanco pensiero;
chè l’umid’ombra ogni quiet’appalta,
e dall’infima parte alla più alta
in sogno spesso porti, ov’ire spero.
O ombra del morir, per cui si ferma
ogni miseria, a l’alma, al cor nemica,
ultimo delli afflitti e buon rimedio;
tu rendi sana nostra carn’inferma
rasciughi i pianti e posi ogni fatica,
e furi a chi ben vive ogn’ira e tedio.
(Michelangelo, Rime, 102)
Un po’ come nella foscoliana Alla sera, il poeta si rivolge alla Notte come a una sorta di dea foriera di requie dopo le fatiche e le preoccupazioni che assillano gli uomini nel corso della giornata. È talmente quieta che sembra assimilabile alla morte (e lo stesso concetto riecheggia poi nel “Forse perché della fatal quiete/Tu sei l’immago a me sì cara vieni, O Sera!” foscoliano), ma al contrario di Foscolo, Michelangelo non la vede come la fine di tutto, il nulla eterno, ma anzi come l’inizio di una vita rinnovata, vita già sperimentabile dove? Nel sogno, ovviamente.
Ed il sogno, non a caso, rimane al centro dei pensieri di Michelangelo: è infatti l’oggetto di uno dei suoi disegni più noti, oggi facente parte della Courtauld Gallery di Londra. Il titolo è una attribuzione di Giorgio Vasari, che lo cita con questo nome nella Vita di Marcantonio Visconti. Protagonista del foglio è un giovane semisdraiato che si appoggia al globo terrestre e guarda al cielo scrutando la figura alata che suona la tromba. Tutt’intorno turbinano figure rappresentanti i vizi, creando un movimento rotatorio che sembra speculare a quello messo in moto da Cristo nel Giudizio universale. In molti si sono scervellati sul significato profondo della rappresentazione, ma la più interessante sembrerebbe essere quella di Girolamo Tezi, secondo il quale il giovane rappresenterebbe la mente umana, avvolta dai vizi ma richiamata e guidata dalla virtù. Ma a cosa si rivolge la virtù alata? Va ricordato che Michelangelo è profondamente influenzato dalla filosofia di Marsilio Ficino, dunque è probabile che il suonatore alato miri a influenzare non la mente o il corpo, ma l’anima perché, secondo il filosofo, è propria questa ad essere il tramite tra cielo e terra ed è proprio questa che rischia talvolta di essere sopraffatta dal corpo e dunque necessita di essere indirizzata dalla virtù. Sotto al giovane si trova una cassa con delle maschere, forse testimonianti la necessità di spogliarsi delle menzogne quotidiane per comunicare davvero con l’Altrove, o forse simboleggianti la necessità di non lasciarsi influenzare dai sentimenti e dalle opinioni che modificano il volto se si vuole una riflessione profonda. Anche il globo potrebbe volerci dire tante cose diverse: si tratta del nostro globo o di uno nuovo, neutro e bianco, da colorare con la nuova conoscenza data dalle immagini suggerite dal cielo all’anima? O rappresenta anche essa un mondo terreno di cui non curarsi e da cui elevarsi? E tante altre domande senza risposta rimangono su questa come sulle altre opere “oniriche” michelangiolesche.
Insomma, Michelangelo sicuramente ha riflettuto a lungo sul sonno e sul valore dell’esperienza onirica, senza arrivare ad alcuna risposta univoca. E questo perché la realtà, specie quella onirica, non è mai realmente monosemica. Vi lascio con le parole che la Ruvoldt ha usato a proposito del Sogno, ma applicabili anche a tutte le altre opere che abbiamo brevemente nominato:
“[Il Sogno] è un’opera su cui meditare è un’opera la cui bellezza deriva dallo svolgimento senza fine del suo significato, offrendo all’osservatore il piacere di tornare ad esso ancora e ancora”.
Margherita Battistini